Al collasso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

Chi ora sta seduto lungo il fiume ne vedrà passare il cadavere E’ tempo che la nave si fermi, che l’impegno lasci lo spazio alla mobilitazione dei lavoratori e degli utenti. Ci sono cose da pretendere, subito.
Qualcuno sta seduto lungo un fiume, Tevere o Arno che sia, come il famoso cinese, guardando la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze per vedere quanto ancora sia capace di resistere prima di passargli davanti esanime.
L’ex ministro Dario Franceschini ha fatto affluire fondi per riparare i danni delle bombe meteorologiche, per terminare i lavori dell’Ala Nuova ed iniziare quelli delle ex Caserme di Via di Tripoli; ma, in buona compagnia di chi lo ha preceduto, ha dimenticato il cuore pulsante della Biblioteca : il suo personale.
Cinque (5) funzionari bibliotecari assunti nell’ultimo anno sono una goccia in un vasto lago; nel frattempo, a fronte di 42 bibliotecari “teorici”, i 30 “reali” si sono ridotti a 22; altri pensionamenti sono previsti per arrivare a quota 10 nel 2020. E come loro sono andati legittimamente via amministrativi, informatici, assistenti alla fruizione e operatori alla vigilanza, restauratori ed assistenti tecnici. Qualcuno invece se lo è preso un destino cattivo. Nessuno – nonostante la passione e la dedizione – ha avuto la possibilità di passare il testimone ad una nuova generazione di lavoratori, perché i pochi apporti sono assolutamente temporanei (vedi il servizio civile), con tanta voglia di apprendere, pochissimo tempo per farlo e ancor meno per metterlo in campo e costituire il futuro della Biblioteca.
La Bncf nella pianta organica ministeriale del 1997 aveva una dotazione teorica di 400 unità : già nel 2002 eravamo a quota 280. In questi giorni siamo risaliti a quota 149, grazie ad una mobilità interna da altri istituti Mibact a fronte di un organico, tabellato a tavolino nel 2016, di circa 185 unità.
Non lo diciamo solo oggi: sono anni che testardamente cerchiamo di attirare l’attenzione sull’inesistente politica delle assunzioni del Mibact, che cerchiamo di rimettere il lavoro nel mondo dei beni culturali, nella sua accezione più ampia, al centro dell’attenzione di tutte le compagini politiche che si sono succedute.
Da un fabbisogno teorico (anno 2000) di 25 mila unità siamo passati alle attuali 19241 unità, compresi i dirigenti. A Fornero vigente, entro il 2020 usciranno dall’organico Mibact altre 2500 unità, portando l’organico reale a quota 16750. Le conseguenze dell’annunciata quota 100 ci siamo risparmiati di calcolarle (anche perché nutriamo dubbi sulla reale formulazione che questa riforma avrà, se attuata).
In tutto questo, leggere sulla stampa le dichiarazioni del dirigente Bncf, dott. Bellingeri, che delineano una situazione grave, ma ancora sostenibile per qualche anno genera due ipotesi : o non è come riportato ed allora sarebbe il caso quanto meno di precisare, oppure (e questo è ancor più preoccupante) ai vertici del Ministero pensano di poter ancora raschiare il fondo del barile, emulando il proverbiale contadino che insegnò all’asino a digiunare salvo poi, ad allenamento concluso, scoprirlo morto.
Dato che ognuno gioca il proprio ruolo, il dott. Bellingeri è chiamato a lanciare un allarme “ma non troppo” : ci piacerebbe capire se crede davvero a quello che dice, a stare a quanto riportato.
Qualche dubbio sorge leggendo le sue relazioni annuali (2016 e 2017) pubblicate sul sito della Bncf, ma la prospettiva del potercela ancora fare, tagliando qua e là su funzioni riconosciute come istituzionali, fondamentalmente non cambia.
Forse ci crede perché la nave Bncf ancora va, non per forza d’inerzia, ma per lo sforzo nobile e quotidiano di chi è ancora presente, con livelli di servizio forse giudicati minimali dall’utenza, ma che massimizzano il risultato delle poche forze in campo. Una Biblioteca Nazionale non è una biblioteca di pubblica lettura, chiamata “solo” a rendere disponibile il proprio patrimonio, ma agisce sul fronte della conservazione, della ricerca semantica, della catalogazione, della digitalizzazione, dell’implementazione continua (15 km lineari in più ogni anno di testi da rendere disponibili come sola conseguenza del “diritto stampa”), del recupero alla fruizione di testi danneggiati grazie al suo Centro di Restauro ormai ridotto a poche unità.
E’ quindi un vero schiaffo a questo impegno, mai gridato ma sempre praticato, vedersi prendere i “tempi di erogazione” di una copia del Pinocchio. Se si avesse un pò più di conoscenza pratica della struttura, si saprebbe che per il prestito o la lettura di una ristampa del Pinocchio è lo stesso servizio di informazione ed orientamento della Bncf ad indirizzare verso altre biblioteche pubbliche (le Oblate, o le biblioteche di quartiere), questo perché i loro depositi sono infinitamente meno vasti di quelli della Nazionale.
Ne consigliamo una visita, specie in estate o in pieno inverno, per capire come dietro la consegna di un libro ci sia anche un lavoro fisico, che richiede tempo e resistenza. Lavoro che viene esternalizzato, ricreando una leva di precariato che si disconosce etichettandolo come “fornitura di servizi”, quasi che dietro non vi fossero persone in carne ed ossa. Non si ricerca un testo alla volta, ci sono orari per il prelievo in cui convergono le richieste e necessità di tempo per raggiungere tutte le collocazioni e fare il percorso inverso fino al bancone della distribuzione. Forse qualcuno immagina che “dietro” ci siano sistemi simili ad un magazzino Amazon, con bracci robotizzati che corrono su assi cartesiani e pinzano libri come lattine di conserva?
La Bncf è allo stremo, insieme alle sue sorelle fiorentine (una per tutte : la Riccardiana in 4 mesi perderà i 2 funzionari bibliotecari superstiti e resterà priva di direzione scientifica) e alla quasi totalità di quelle italiane.
Leggere fa male, perché la cultura è un attentato al pensiero dominante, alla massificazione, alla semplificazione, all’abbattimento dei valori fondanti della nostra civiltà in nome dei tempi cambiati, del sentimento del “popolo” che sdogana la regressione etica. Non è forse stato uno dei nuovi sottosegretari del Mibact ad aver dichiarato che non legge un libro da tre anni?
Forse è tempo che la nave si fermi, che l’impegno lasci lo spazio alla mobilitazione dei lavoratori e degli utenti, perché giunga forte e chiaro il segnale : il punto di non ritorno è ad un passo, la gamba è già tesa per superarlo.
E’ tempo di pretendere poche cose, immediatamente attuabili:
– c’è un concorso per 503 operatori alla vigilanza da assumere nel Mibact, già autorizzato per il 2018 : farlo, farlo subito, e destinare almeno 40 unità alla BNCF e comunque la parte prevalente ad archivi e biblioteche;
– ci sono i passaggi di area previsti dal decreto Madia 75/2017 : iniziare la procedura da recupero degli idonei del concorso interno del 2010;
– c’è un precariato quasi sconosciuto che contribuisce quotidianamente all’attività del Ministero, e anche per quello il decreto Madia 75/2017 prevede percorsi assunzionali;
– c’è un piano triennale dei fabbisogni che il Ministero deve varare per poter procedere a nuove assunzioni, e senza il quale potrà soltanto fare finta di stracciarsi le vesti davanti alle difficoltà delle sue strutture.
Nessun ministro, governo o partito ce li darà per generosità, attenzione o visione politica : è tempo di passare dalla resilienza alla resistenza, in nome di qualcosa di bello e di buono da difendere e consegnare a chi verrà dopo di noi, dopo questi giorni di poca luce.

FP CGIL Associazione                                                                                                      Lettori BNCF
    Giulietta Oberosler

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