Autonomia differenziata parzialmente bocciata dalla Corte Costituzionale
Una doccia fredda si abbatte sull’autonomia differenziata. In attesa del deposito della sentenza, la notizia è che la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie, la numero 86 del 2024. Non finisce qui. La Consulta ha infatti considerato illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo.
Tutto è partito dai ricorsi presentati dalle regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania. La Corte ha ravvisato l’incostituzionalità di ben sette profili di legge. Insomma, uno schiaffo alla riforma fortemente voluta dalla Lega contro la quale c’è stata un’opposizione senza quartiere di ampi strati della società civile, Cgil in testa, che a quanto pare avevano ragione da vendere.
La Corte costituzionale, nell’esaminare i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge.
La possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà.
Il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (Lep) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento.
La previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Lep.
Il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei Lep con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i Lep.
La possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni.
La facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica.
L’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Costituzione alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.
Fonte: collettiva.it
LA NOTA CGIL
“Nei contenuti della sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittime parti significative della legge Calderoli, anticipati ieri da un comunicato stampa, trovano ‘solenne’ conferma molte delle ragioni che ci hanno spinto a mobilitarci per contrastarla e a schierarci, fin dal 2017, contro un percorso di attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione che minava l’unità del Paese”. Lo si legge in una nota della Cgil nazionale.
“È la dimostrazione – prosegue la Confederazione – che si tratta di un disegno volto a disarticolare la Repubblica in venti piccole patrie e a compromettere irrimediabilmente i fondamentali principi di uguaglianza, di solidarietà e di coesione sociale. Attendiamo, ovviamente, la pubblicazione della sentenza per valutazioni più approfondite”.
Secondo la Cgil “per lo spirito egoista e separatista che ha ispirato fin dal principio questo progetto di Autonomia differenziata, resta comunque in piedi il rischio che si determinino danni pesantissimi al tessuto economico e sociale nazionale”.
“Perciò continuiamo a sostenere la richiesta di referendum integralmente abrogativo sottoscritta da oltre 1,3 milioni di cittadine e cittadini affinché, nella prossima primavera, le elettrici e gli elettori possano cancellare definitivamente una legge pericolosa e antistorica, facendo tramontare ogni ipotesi di sua attuazione”, conclude il sindacato di corso d’Italia.