Covid19, allarme Cgil: “Rischia di peggiorare la condizione delle donne”
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La crisi provocata dal coronavirus avrà effetti duraturi oltre che sul piano sanitario (al momento ancora prioritario nello stucchevole dibattito sulle riaperture), anche su quello economico, ed è fondamentale aver chiaro fin da subito che l’emergenza che stiamo vivendo agisce e agirà in modo diverso a seconda del genere.
Come Cgil Firenze siamo fortemente preoccupate di quello che a breve potrebbe succedere per quanto riguarda l’occupazione femminile.
Nelle crisi economiche passate, le fasce sociali più deboli hanno sempre pagato il prezzo più alto e anche oggi nel mercato del lavoro le donne vivono una situazione particolarmente fragile, fatta di equilibrismi e scelte.
La tipologia dei settori maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria (turismo, commercio e comunicazione) sono comparti ad alta occupazione femminile e avranno un duro contraccolpo e una ripartenza sicuramente ritardata rispetto agli altri ambiti: molti contratti non saranno rinnovati, con le attività ferme i nuovi contratti non saranno attivati, senza contare che molte attività potrebbero non riaprire con conseguenti licenziamenti.
Le scuole riapriranno a settembre prevedendo, sembra, una parte delle lezioni a distanza: i genitori dovranno quindi organizzarsi nel breve e lungo periodo per non lasciare i minori soli.
Questo significa che, anche nella cosiddetta Fase 2 come già successo in passato, una parte rilevante dei costi della ripartenza ricadranno sulle famiglie e in particolare sulle donne a cui da sempre è demandato il lavoro di cura non retribuito (non solo figli, ma anche anziani).
La ministra Bonetti ha dichiarato recentemente che saranno estesi i congedi parentali e il bonus baby sitter: misure assolutamente insufficienti per un sostegno vero alle famiglie. Basti pensare che non in tutti i settori è possibile accedere ai congedi e che comunque coprono 15 giorni pagati al 50% e solo per chi ha figli minori di 12 anni.
Anche lo smart working non è sempre una risorsa: non in tutti i settori è possibile attivare questa modalità lavorativa e dove è possibile, soprattutto in presenza di figli piccoli, può rappresentare per le donne una condizione lavorativa “estrema”.
Dopo i seppur esili passi avanti fatti nelle politiche di parità di genere, non possiamo permetterci di tornare nuovamente indietro e perdere occupazione femminile.
Se non saranno messe in moto fin da subito misure idonee, l’emergenza attuale porterà a un peggioramento nella condizione delle donne, costrette a sacrificare il loro impiego per potersi occupare della famiglia.
È necessario dunque pensare una nuova politica industriale e di sviluppo sostenibile, cambiare il sistema produttivo e l’organizzazione del lavoro con i suoi orari e i suoi ritmi, prevedere un cambiamento nel settore dei trasporti funzionale alle esigenze delle famiglie e un sistema di protezione sociale realmente universalistico.
E per questo anche a livello territoriale riteniamo necessario aprire un confronto con le istituzioni e le organizzazioni sociali per disinnescare gli elementi che potrebbero spingere all’espulsione delle donne dal sistema produttivo.
M. Cristina Arba – Resp. Coordinamento Donne Cgil Firenze