“Just Eat consegni Dpi al rider”: Nidil plaude alla disposizione del tribunale

Il tribunale di Firenze ordina a Just Eat di consegnare guanti, mascherine e gel disinfettante a un rider che aveva fatto apposito ricorso. Il Nidil Cgil: “Sentenza pionieristica, ora si estendano i dispositivi di protezione individuale a tutti per contrastare i rischi di contagio del coronavirus”

Il tribunale di Firenze, in un provvedimento uscito ieri, dispone che la piattaforma di food delivery Just Eat consegni i dispositivi di protezione individuale (mascherina, guanti monouso, gel disinfettanti) a Yiftalem Parigi, rider e delegato di Nidil Cgil Firenze, che aveva fatto apposito ricorso (con l’assistenza legale della Cgil). Il commento di Nidil Cgil Firenze: “Una sentenza importante e pionieristica che riconosce i diritti di questi lavoratori e obbliga la piattaforma a tutelare la loro sicurezza sul lavoro, anche e soprattutto in tempo di emergenza coronavirus. Chiediamo ora, quindi, che tutte le piattaforme dotino i propri riders degli adeguati dispositivi di protezione individuale”.

LA NOTA DELLA CGIL NAZIONALE

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“Un risultato dall’alto valore sociale, il primo provvedimento giudiziale che estende la disciplina antinfortunistica ai lavoratori delle piattaforme del food delivery. Un risultato frutto della vasta campagna avviata dalle categorie della Cgil NIdiL, Filcams e Filt, fin dall’inizio dell’emergenza Covid-19”. Così Tania Scacchetti commenta il ricorso accolto dal Tribunale di Firenze promosso da un rider impiegato nella piattaforma di Just Eat Italy.

Alla richiesta del ciclo fattorino dell’immediata consegna dei dispositivi di sicurezza (mascherina, guanti monouso, gel disinfettanti e prodotti a base alcolica per la pulizia dello zaino), Just Eat, solo poche ore prima del provvedimento, si è limitata a distribuire una mascherina monouso senza cellophane protettivo ad alcuni lavoratori.

La Cgil, insieme a NIdiL, Filcams e Filt chiede da tempo di “ridurre al minimo le attività di consegna, limitandole ai beni di prima necessità. Occorre un sistema di ammortizzatori sociali universalistico. Inoltre, è indispensabile una corretta informazione rivolta a questa categoria di lavoratori, poiché non sanno a chi andranno a consegnare il pasto, considerando le tante persone affette da coronavirus che si stanno curando a casa.

“C’è voluto l’intervento di un Giudice – proseguono Cgil, NIdiL, Filcams e Filt – per affermare un principio di buon senso, e questo la dice lunga su come le multinazionali del food delivery, che stanno facendo affari d’oro mentre una larga fetta delle imprese italiane è ferma e non sa se e quando riaprirà, siano ancora distanti dall’aver chiaro cosa significhi il concetto di ‘responsabilità sociale dell’impresa’”.

Per la segretaria confederale Cgil, Tania Scacchetti, “i riders stanno dando una prova di grande senso di responsabilità. Sottopagati, alla mercé di algoritmi che ne determinano le consegne e stabiliscono chi deve lavorare e chi no a seconda di sistemi di valutazione interni quantomeno opinabili”. “Continuano a muoversi per le nostre città deserte, offrendo in taluni casi un servizio davvero essenziale, in altri meno, perché – prosegue – un conto è farsi consegnare il cibo a casa quando si è soli, anziani o in quarantena, un altro usufruire di una comodità che il lavoro di altri continua a garantire”. “È giunto il momento che queste imprese si misurino con noi per assicurare diritti e tutele ai lavoratori. Infine – conclude Scacchetti – ci aspettiamo che anche i lavoratori autonomi occasionali, come sono oggi molti riders, possano trovare risposte nelle misure del governo a tutela delle riduzioni di lavoro per coronavirus”.

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