Nuove polemiche sul neopresidente di Confindustria Firenze

“Affermazioni intollerabili”: dopo le critiche della segretaria generale di Cgil Firenze Paola Galgani, aumentano le reazioni negative alle parole del neopresidente di Confindustria Firenze Maurizio Bigazzi, in particolare sui temi dello smart working e del lavoro pubblico ma non solo.

DANIELE CALOSI (FIOM FIRENZE)

“Mi sono imbattuto nelle dichiarazioni del neopresidente di Confindustria Firenze.
Permettetemi una battuta. Leggendo non capivo se avessi davanti il personaggio satirico di Carcarlo Pravettoni interpretato magistralmente da Paolo Hendel, o Superciuk di Alan Ford.
Le sue prime parole sono state per:
chiedere soldi alle banche per aiutare le imprese;
sbloccare i finanziamenti pubblici per le grandi opere;
chiedere i soldi ai lavoratori della pubblica amministrazione in smart working;
contestare il ruolo del pubblico nelle scelte imprenditoriali di un’azienda partecipata come la Mukki.
Mi sembra che il neopresidente guardi al futuro con “proposte nuove” tipiche degli imprenditori di fine ‘800, qualcuno lo avverta però che siamo nel 2020.
In mezzo a tutto ciò Bigazzi non ha speso una parola per le imprese industriali che hanno chiuso nel nostro territorio, spostando le produzioni e lasciando senza lavoro centinaia di persone, solo per massimizzare i profitti. Bekaert docet.
Sarebbe opportuno, vista la crisi che anche tante lavoratrici e lavoratori fiorentini stanno vivendo, che le imprese facessero la loro parte nel rispetto della responsabilità sociale prevista dell’art.41 della nostra Costituzione. Ma, vista l’idea di democrazia che ha il presidente nazionale di Confindustria, forse è chiedere troppo.
La crisi per la pandemia è stata pagata sopratutto da chi per vivere deve lavorare, a cui spesso sono venuti a mancare i sostegni minimi di sopravvivenza.
L’egoismo che traspare nelle dichiarazioni del presidente, non aiuterà la nostra città, il nostro Paese a superare questo momento di seria difficoltà.
Dalle situazioni di emergenza ne usciamo solo collettivamente, mettendosi a disposizione senza chiedere ai più deboli di pagare per tutti.
Come diceva Don Milani, “non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali fra disuguali”.
Come Fiom diciamo quello che pensiamo e facciamo quello che diciamo, continueremo nella nostra azione di tutela dei lavoratori, senza sconti per nessuno.
Buon lavoro al nuovo presidente da parte mia e della Fiom di Firenze.

GIORGIO SBORDONI (COLLETTIVA)

Attacco del neoeletto presidente di Confindustria Firenze, Maurizio Bigazzi, ai dipendenti pubblici. L’imprenditore chiede al governo di imporre un contributo di solidarietà agli statali che lavorano da casa risparmiando tempo e denaro.
La solidarietà non è cosa per tutti. L’ultimo a ricordarcelo è Maurizio Bigazzi, neoeletto presidente della Confindustria fiorentina. Alla prima conferenza stampa l’ha toccata piano: invece di occuparsi degli affari suoi, il mondo dei privati, si è scagliato violentemente contro i dipendenti pubblici. Nella sua lettura, smaccatamente padronale, il resto del mondo, l’altro 99 per cento che per vivere ha bisogno di lavorare, non è giusto che soffra la crisi solo se lavora nelle aziende. Sarebbe più giusto che il governo si decidesse a “imporre un contributo di solidarietà del 3-4 per cento ai 4 milioni di dipendenti pubblici che lavorano da casa risparmiando tempo e denaro. I dipendenti delle imprese private non sanno se domani avranno lavoro, sono in cassa integrazione e vivono in ansia: perché anche ai dipendenti pubblici, che non rischiano il posto di lavoro, non viene chiesto un piccolo sacrificio?”. Nonostante il lungo elenco di richieste, ai padroni sembra non bastare mai. 
Eccola la giustizia secondo Confindustria. Una livella che decurti lo stipendio agli statali che – non lo dice, ma sembra pensarlo – già fanno poco a lavoro, figuriamoci a casa. E poi si sa che la guerra tra i poveri le vincono i Bigazzi. Ci permettiamo di suggerire all’illustre imprenditore del settore alimentare che forse potrebbe tagliare la testa al toro e, con il pragmatismo tipico degli uomini del fare come lui, autoimporsi un contributo di solidarietà del 10 per cento sul suo patrimonio. Sicuramente sarebbe molto più utile di certe uscite.

BRUNO PACINI (FP CGIL TOSCANA)

E’ inaccettabile l’ennesimo attacco populista ai lavoratori pubblici, questa volta da parte di Maurizio Bigazzi, neo Presidente di Confindustria Firenze: ‘Lavorano a casa? Diano contributo solidale a chi non ha nulla’
Parimenti sarebbe facile dire: paghi chi ha di più e attaccare così i cosidetti “padroni”.
Se si ricerca la legittimazione di ruolo, come quello importantissimo, di rappresentare il gruppo dirigente degli industriali e lo si fa attraverso questi luoghi comuni si fa una scelta che delegittima la persona e il ruolo che si ricopre oltre che tutti i suoi rappresentati.
Sullo smart working, è stato adottato anche nel sistema privato, i datori di lavoro più lungimiranti hanno cercato di definirne bene i limiti e le opportunità, chi non lo ha fatto o non lo farà sia nel pubblico come nel privato si ritroverà ad avere forza lavoro sempre meno motivata (anche grazie a queste banali affermazioni). Mancanza di regole e un vero e proprio sfruttamento invece si profila con questa nuova modalità che ha scaricato su questi lavoratori limiti tecnici e organizzativi di un sistema paese non preparato a questa modifica così rapida e imponente nei numeri.
E’ per la Pandemia che c’è stata questa trasformazione organizzativa, ed è stato fatto per garantire nel sistema pubblico la funzionalità dello Stato e quindi anche il supporto ai settori privati, parimenti per il privato quello di garantirsi il fatturato e la resistenza in un mercato andato in una sofferenza istantanea.
Da un Dirigente di questo livello mi sarei aspettato proposte di prospettiva su come l’interazione pubblico privato potesse invece trovare nuovi modelli produttivi e ambientalmente sostenibili, invece che con una mano chiedere aiuti di stato e con l’altra schiaffeggiare chi lavora per lo stato e quindi anche per l’impresa.
Casomai, una analisi sul modello economico, da popolazione primitiva di cacciatori, che se smette di cacciare per due mesi rischia il collasso e si indebita nelle generazioni a venire mentre c’è chi ancora lancia invettive contro i nemici pubblici quelli stessi che con le loro tasse proporzionali al loro reddito aiutano anche le imprese.
“Ci riprovi un altra volta presidente, questa gli è venuta male”.

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