Toscana, terra di emigrazione: a Firenze la Cgil presenta lo studio Filef

Toscana, terra di emigrazione: nel 2006 i residenti all’estero provenienti dalla nostra regione erano 91mila, nel 2020 197mila (aumento oltre il 100%), sul podio le province di Lucca, Firenze, Livorno. Presentato stamani a Firenze il rapporto Filef. La Cgil: “Non si tratta più solo di cervelli in fuga o di giovani, ma di lavoratori in cerca di impiego dalle regioni del centro nord”

Nel 2020 gli italiani iscritti all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) sono 5 milioni, il 76.6% in più di quelli iscritti nel 2006 (quando erano 3 milioni e 100mila). I toscani sono 197.299 (poco meno del 4% complessivo). Per la precisione, nel 2006 i residenti all’estero provenienti dalla nostra regione erano circa 91mila, nel 2020 oltre 197mila (aumento oltre il 100%). I nuovi emigranti non provengono solo dalle regioni meridionali dell’Italia, come i flussi che hanno connotato la nostra passata storia emigratoria, ma soprattutto dalle regioni del Centro-Nord (67% del totale). Nel 2020 le regioni dalle quali si emigra di più sono infatti la Lombardia (dalla quale proviene il 16.8%), il Veneto (11.5%), la Sicilia (9.2%), il Lazio (8.7%), l’Emilia Romagna (7.5%). La Toscana nel quadro migratorio nazionale rappresenta il 5.2%, a metà. Sono alcuni dei dati illustrati nel rapporto Filef (organizzazione che rappresenta i lavoratori italiani emigrati e residenti all’estero) “On the road again” sulla nuova emigrazione italiana, presentato oggi in Camera del lavoro a Firenze all’iniziativa Cgil-Inca. Gli emigranti non sono solo giovani: pur essendo questi la maggioranza (gli iscritti tra i 18 ed i 34 anni sono il 40% del totale), i 35-49enni rappresentano il 24% del totale ed i 50-64enni l’11%. Per la Toscana i 18-34enni sono il 22.3% (un valore molto inferiore al livello medio nazionale) degli espatriati dalla regione, i 35-49enni il 23.5%, i 50-64enni il 18%. E non si tratta solo di laureati: essi rappresentano insieme ai dottori di ricerca il 29% del totale; i diplomati sono anch’essi il 29%, titoli di studio inferiori il 42%. Dal 2006 al 2018 lauree e dottorato crescono del 193%; ma i diplomati del 293%. Le province della nostra regione che hanno visto più partenze verso l’estero sono nell’ordine: Lucca (oltre 46.000), Firenze (37.518), Livorno (25.568), Massa Carrara (19.208), Pisa (16.380), Pistoia (poco più di 15.000). Capitolo immigrazione: nell’anno della pandemia (2020) gli immigrati in Toscana sono calati per la prima volta dopo almeno 20 anni di continua crescita.
“Gli emigranti toscani e italiani non sono solo persone iper qualificate, i classici cervelli in fuga, ma sono spesso cinquantenni che hanno perso il lavoro e non lo trovano più. Preoccupa inoltre il freno all’afflusso di lavoratori stranieri in Toscana perché il nostro sistema ha bisogno di forza lavoro”, ha detto Maurizio Brotini, segreteria Cgil Toscana.
“C’è un tema sulla qualità del lavoro che offriamo ai giovani e ai meno giovani, e sulla possibilità di crescita e di reddito: molto parte dalla condizione di precarietà, va ricostruito un rapporto tra le competenze e il lavoro”, ha spiegato la segretaria generale di Cgil Firenze Paola Galgani.
“L’emigrazione dalla Toscana si colloca nei dati dopo quella delle regioni del Nord, non è come prima che si emigrava solo da quelle del Sud, è una emigrazione diversa e questo può dipendere dal fatto che anche qui manca la garanzia di un lavoro dignitoso che dia prospettiva”, ha aggiunto Nino Galante di Filef Toscana.

SONO INTERVENUTI AL CONVEGNO:

Simone Porzio, Responsabile coordinamento immigrazione CGIL Toscana; Nino Galante di FILEF Toscana, componente consulta Toscani all’estero Regione Toscana; Eugenio Giani Presidente della Regione Toscana; Pietro Lunetto Coordinatore Nazionale FILEF, curatore del rapporto “On the road again. Sulla nuova emigrazione italiana”; Alberto Tassinari Filef Toscana, Comitato scientifico FILEF Internazionale; Paola Galgani Segretaria Generale Camera del Lavoro CGIL Firenze; Caterina Rapetti Storica dell’emigrazione; Sandro Renzoni Coordinatore INCA Toscana; Laura Salsi Coordinatrice Nazionale FILEF; Maurizio Brotini Segretario CGIL Toscana; Serena Spinelli Assessora alla Cooperazione Internazionale Regione Toscana; Sally Kane Responsabile Dipartimento Politiche Immigrazione CGIL nazionale

LO STUDIO

Nell’ultimo decennio, l’Italia (e anche la Toscana) è diventata nuovamente paese di emigrazione, dopo essere stata per lungo tempo meta di immigrazione. Negli ultimi anni, infatti, il trend migratorio è ripartito con tassi progressivamente sempre più crescenti, portando oltre un milione di persone, per lo più giovani, alla ricerca di migliori condizioni di lavoro e di vita all’estero. I dati e le valutazioni del fenomeno a livello italiano e toscano sono l’oggetto del rapporto “On the road again. Sulla nuova emigrazione italiana” curato dalla Filef,

Alcuni dati e spunti di riflessione sulle migrazioni in Italia e Toscana (a cura di Alberto Tassinari di Filef Toscana in collaborazione con Nino Galante)

Le migrazioni da e per l’Italia hanno subito, a seguito della pandemia da Covid 19 (anche se, soprattutto in riferimento alle partenze verso l‘estero, alcuni segnali si erano già presentati a partire dal 2008-2009), importanti cambiamenti che ne hanno in parte modificato le caratteristiche e che in questo intervento è opportuno richiamare.
La immigrazione straniera non è più (e non lo è mai stata) l’unica forma di mobilità rilevabile e socialmente visibile che il nostro paese sta vivendo. L’enfasi e la sovra esposizione (soprattutto mediatica) di cui l’immigrazione straniera è stata oggetto (che è stata spesso narrata come una invasione) soprattutto negli anni più recenti, hanno messo un po’ in disparte altri due aspetti che occorre considerare: gli spostamenti inter ed intra regionali e soprattutto l’emigrazione verso l’estero.

I movimenti in uscita dal Paese dal 2015 al 2019 erano andati crescendo (+22 per cento) e questo anche nei primi due mesi del 2020 i cui dati (non definitivi) rilevano un considerevole aumento delle uscite (+20 per cento) soprattutto verso i Paesi Ue e dell’America Latina. Durante la prima ondata pandemica (con un calo complessivo del 37,3%) si segnala una forte contrazione per i flussi diretti in Africa (-74,1%), nei paesi dell’Asia e Oceania (-58%) e verso gli altri Paesi europei (-54%), mentre si osserva una riduzione più contenuta per le emigrazioni verso l’America Latina (-8,8%). Nel periodo giugno-ottobre si torna circa ai livelli medi di periodo dei cinque anni precedenti ma successivamente le cancellazioni anagrafiche per l’estero presentano una nuova, ma meno marcata, contrazione (-18,4%).
Le iscrizioni dall’estero sono state 221mila e le cancellazioni 142mila. Ne deriva un saldo migratorio con l’estero positivo per 79mila unità, il valore più basso degli anni 2000 e in grado di compensare solo in parte l’effetto negativo del pesante bilancio della dinamica naturale.
Per quanto riguarda poi la mobilità interna si nota una riduzione del volume complessivo di circa il 12%: sono 1 milione 308mila i trasferimenti registrati tra i Comuni italiani nel 2020 contro 1 milione 485mila dell’anno precedente. Infine, le ordinarie operazioni di allineamento e revisione delle anagrafi (saldo per altri motivi) comportano un saldo negativo per ulteriori 121mila unità.
In merito alla emigrazione verso l’estero vanno evidenziati alcuni aspetti (avvalorati dai dati disponibili) che smentiscono per molti versi la narrazione “main stream” che viene raccontata ed accreditata dai mezzi di informazione e dalle agenzie comunicative. Si tratta infatti di una visione molto parziale e distorta tesa ad accreditare un’immagine dei nostri connazionali che emigrano che non corrisponde o corrisponde solo in parte alla realtà.
Ciò in merito ad almeno quattro aspetti:
1) L’emigrazione di italiani verso l’estero è molto aumentata a partire dal 2008-2009 e seppur quantitativamente non paragonabile a quella che ha caratterizzato l’esodo verso le Americhe e l’Australia e poi verso i paesi centro nord europei dopo la fine della seconda guerra mondiale, rappresenta un flusso di grande rilievo. Basti solo dire che nel 2020 gli italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero) sono 5 milioni, il 76.6% in più di quelli iscritti nel 2006 (quando erano 3 milioni e 100mila). I toscani sono 197.299 (poco meno del 4% complessivo). Nel 2019 si sono iscritti 257.812 nostri connazionali di cui 131.00 per espatrio (+2.550 rispetto all’anno precedente).
2) I nuovi emigranti non provengono solo dalle regioni meridionali dell’Italia, come i flussi che hanno connotato la nostra passata storia emigratoria, ma soprattutto dalle regioni del Centro-Nord (67% del totale). Nel 2020 le regioni dalle quali si emigra di più sono infatti la Lombardia (dalla quale proviene il 16.8%), il Veneto (11.5%), la Sicilia (9.2%), il Lazio (8.7%), l’Emilia Romagna (7.5%). La Toscana nel quadro migratorio nazionale rappresenta il 5.2%.
3) Non si tratta solo di giovani: pur essendo questi la maggioranza (gli iscritti tra i 18 ed i 34 anni sono il 40% del totale), i 35-49enni rappresentano il 24% del totale ed i 50-64enni l’11%. Per la Toscana i 18-34enni sono il 22.3% (un valore molto inferiore al livello medio nazionale) degli espatriati dalla regione, i 35-49enni il 23.5%, i 50-64enni il 18%.
4) Non si tratta solo di laureati: essi rappresentano insieme ai dottori di ricerca il 29% del totale; i diplomati sono anch’essi il 29%, titoli di studio inferiori il 42%. Dal 2006 al 2018 lauree e dottorato crescono del 193%; ma i diplomati del 293%.

Soprattutto quest’ultimo aspetto (i titoli di studio) svela una costante della mobilità recente che è raccontata e rappresentata all’opinione pubblica come quasi esclusivamente composta da altamente qualificati occupati in nicchie di lavoro prestigiose e specialistiche quando invece a crescere di più è la componente dei diplomati alla ricerca all’estero di lavori spesso generici.
“Lungi dall’essere una mera ‘fuga di cervelli’, la recente emigrazione italiana mostra un carattere complesso che coinvolge cittadini di tutte le età e titolo di istruzione – si legge nel rapporto Italiani nel Mondo del 2021 – Ai lavoratori altamente qualificati che puntano all’estero per le prospettive di carriera e di guadagno, si aggiungono coloro che si spostano alla ricerca di lavoro o in occupazioni a tempo determinato e spesso non qualificati, in settori che vanno dalla ristorazione alle costruzioni, dal manifatturiero alle strutture di ricezione”. “Questo fenomeno – riporta ancora il report – è in gran parte effetto della crisi economica e sociale dell’Italia del 2007-2012, l’incremento annuale aumenta sensibilmente a partire dal 2011, quando la crisi del debito sovrano colpì l’Italia, che ha negato a molti lavoro e diritti e li ha spinti a cercare fortuna altrove”.

Le province della nostra regione che hanno visto più partenze verso l’estero (iscritti Aire) sono nell’ordine: Lucca (oltre 46.000), Firenze (37.518), Livorno (25.568), Massa Carrara (19.208), Pisa (16.380), Pistoia (poco più di 15.000)

Relativamente alla immigrazione straniera in Italia. Con la pandemia crollano gli ingressi e diminuisce la popolazione straniera. L’ultimo Rapporto ISTAT sui cittadini non comunitari mostra come nel 2020 in Italia siano stati rilasciati circa 106.500 nuovi permessi di soggiorno a cittadini non comunitari, il numero più basso degli ultimi 10 anni (-40% rispetto al 2019). La limitazione degli spostamenti, unita al ritardo nella lavorazione delle pratiche, ha provocato un calo soprattutto tra i permessi concessi per studio (-58,1%) e per asilo (-51%), seguiti da quelli per famiglia (-38,3%) e per lavoro (-8,8%).
Per la prima volta nel nostro Paese la tendenza alla progressiva diminuzione della popolazione autoctona ha iniziato a coinvolgere anche quella di origine straniera: secondo il XXX Rapporto Immigrazione di Caritas-Migrantes, nell’ultimo anno l’Italia ha perso oltre 270 mila cittadini stranieri (-5,1%), che si attestano oggi su un totale di 5.035.643 unità. Il calo dei residenti stranieri è senz’altro dovuto a un insieme di fattori, quali il saldo naturale tra nascite e decessi registrati, le nuove iscrizioni all’anagrafe, le cancellazioni per trasferimenti all’estero e le acquisizioni di cittadinanza italiana. Sempre l’ultimo Rapporto ISTAT rileva come, nonostante la pandemia, queste ultime siano aumentate tra il 2019 e il 2020, arrivando a quota 131.803 (+4,1%). Tali acquisizioni sono avvenute nell’80% dei casi per residenza o trasmissione. Tra i nuovi cittadini italiani spiccano in particolare le comunità di origine albanese (50 italiani di origine albanese su 100 stranieri albanesi) e marocchina (48 italiani di origine marocchina su 100 stranieri marocchini). Da un punto di vista territoriale, i nuovi cittadini sono concentrati nel Centro-Nord, soprattutto in Lombardia (dove si trova il 25,5% del totale), Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio e Toscana.

Immigrazione straniera in Toscana

Anche nella nostra regione, seppur in modo minore, il trend è simile a quello rilevato a livello nazionale come i dati Istat, Inps e del Dossier statistico Immigrazione 2021 relativi alla Toscana mostrano molto bene.
I curatori del rapporto sulla nostra regione evidenziano che nell’anno della pandemia (2020) gli immigrati in Toscana sono calati per la prima volta dopo almeno 20 anni di continua crescita. Nel 2020 vi erano 392.100 residenti stranieri, -6000 rispetto ai 398.111 del 2019. Un decremento del 1.5% superiore di tre volte a quello medio nazionale. Le restrizioni dovute al Covid hanno sicuramente avuto un ruolo significativo in questo calo.
I nuovi iscritti dall’estero nel 2020 sono oltre 14.750, un terzo in meno circa rispetto ai 22.675 dell’anno prima. Le cancellazioni 2.354 contro 4.542 del 2019. Il saldo migratorio resta comunque positivo di 12.339 unità, il 31.6% in meno tuttavia del 2019.
Questi dati sono una conseguenza dell’impatto delle restrizioni e delle limitazioni imposte dal Covid.
Insieme a queste ha agito anche nella contrazione del numero dei residenti stranieri il dato sulle acquisizioni di cittadinanza: 13.043, +17.1% rispetto al 2019, +39.5% rispetto 2018.
Nel 2020 economia regionale fortemente colpita dalle misure messe in atto per contrastare il Covid. Questo come è noto ha avuto riflessi e conseguenze occupazionali molto forti.

Occupazione stranieri. L’inserimento dei lavoratori stranieri resta comunque nel complesso consolidato e diffuso. Essi partecipano al mercato del lavoro in misura ormai paragonabile a quella degli italiani. Sono una componente fondamentale e strutturale della economia. L’inserimento lavorativo non avviene tuttavia su un piano di parità con gli italiani: agli stranieri lavoratori sono spesso riservate mansioni meno qualificate in settori in cui il lavoro è più faticoso e meno protetto (e quindi meno retribuito). A seguito della pandemia si è acuito il divario tra italiani e stranieri.

A fine anno le stime dell’Istat sul numero degli occupati in regione si aggirano attorno a quota 1.582mila (italiani e stranieri), in diminuzione di circa 20mila unità rispetto al 2019.
Oltre la metà dei posti di lavori andati in fumo riguardano gli occupati stranieri, che passano da oltre 207mila a meno di 195mila. In conseguenza di questo impatto asimmetrico della crisi, l’incidenza dei lavoratori stranieri sul totale degli occupati è scesa al 12,3%, il valore più basso dal 2017. Guardando alla distribuzione per sesso: si nota che è stata esclusivamente l’occupazione delle donne straniere a segnare una battuta d’arresto (-10,9%) e tra breve vedremo perché, mentre quella degli uomini ha sostanzialmente retto sui livelli dell’anno precedente (-1,3%).
Se prima il numero delle lavoratrici immigrate si limitava a crescere meno di quello degli uomini, nel corso del 2020 I’Istat rileva un consistente arretramento. A seguito di ciò l’incidenza delle donne sul totale degli occupati stranieri in Toscana si attesta al 43,9% quasi 5 punti percentuali in meno rispetto al valore registrato nel 2017.
Il tasso di disoccupazione è calcolato dall’Istat come il rapporto tra il numero dei disoccupati e le corrispondenti forze di lavoro (occupati e disoccupati). Data la riduzione del numero di occupati potrebbe sembrare sorprendente notare che nel 2020 il tasso di disoccupazione tra gli stranieri sia diminuito rispetto all’anno precedente, passando dal 14,0% al 12,1%. La soluzione più plausibile a questo apparente paradosso è che, date le misure restrittive adottate per contenere la pandemia, molti cittadini stranieri abbiano smesso di cercare attivamente lavoro, e quindi non siano stati più conteggiati tra i disoccupati ma tra gli inattivi, ossia coloro che per i più vari motivi non si dichiarano interessati a lavorare o a cercare un impiego. Il tasso di attività tra gli stranieri cala infatti sensibilmente dal 2019 al 2020, passando dal 73,1% al 68,6%, fenomeno che non si è invece registrato tra gli italiani.
La distribuzione degli occupati stranieri nei vari settori non è mutata molto rispetto agli anni precedenti e continua ad essere piuttosto diversa da quella degli italiani. Oltre 6 occupati stranieri su 100 lavorano nell’agricoltura, settore che impiega il 2,8% dei lavoratori italiani. Anche il settore della industria è più attrattivo per gli stranieri (33,0%) che per gli italiani (25.8%) ma solo perché vi è conteggiato anche il comparto dell’edilizia, attività che occupa il 12.7% dei lavoratori stranieri.
Nei servizi lavora il 60.9% dei lavoratori stranieri, per gli italiani la corrispondente percentuale è 71.4%. Gli stranieri sono impiegati tuttavia nel settore del terziario meno qualificato, compreso il lavoro domestico dove trova occupazione oltre il 21% degli stranieri rispetto all’1.2% degli italiani.
Nel 2020 il lavoro domestico ha dato lavoro ad oltre 41mila cittadini stranieri con una diminuzione rispetto al 2019 di oltre 7mila unità. Poiché sono le donne quelle prevalentemente impiegate in questo comporto ecco chiarito perché sono state le lavoratrici straniere a subire le conseguenze più dure.

Le retribuzioni dei lavoratori stranieri sono rimaste, rispetto al 2019, abbastanza simili: 1.070 euro mensili circa 300 euro in meno rispetto a quanto percepito da un italiano.
Il 34.2% ha una istruzione molto alta, dato storico questo che ha sempre caratterizzato la presenza straniera non solo in Italia, e svolge quasi sempre mansioni non adeguate rispetto al titolo di studio Tema del lavoro schiavistico e paraschiavistico).

Nel 2020 le imprese a titolarità straniera sono ulteriormente cresciute di numero (toccando quota oltre 59.000) quasi il 2% in più rispetto all’anno precedente. Si tratta nella stragrande maggioranza dei casi (oltre 47mila) di imprese individuali. Esse sono attive soprattutto nel commercio e nelle costruzioni.
Nella nostra regione sono attive molte imprese a titolarità straniera anche nel manifatturiero (circa il 20%, valore molto più alto di quello riscontrabile a livello nazionale (7.6%). Questo a Prato in particolare (distretto etnico, cinesi ma non solo).

I permessi di soggiorno rilasciati per la prima volta sono diminuiti dal 2019 (13.556) al 2020 (7.584) di oltre il 44%. Questo a causa della pandemia. Complessivamente lo stock complessivo dei permessi di soggiorno cala da 302.305 del 2019 a 284.343 del 2020: -5.9%. Il calo riguarda soprattutto i soggiornanti a termine ma investe anche i lungo soggiornanti.

La propensione a restare sul territorio regionale rimane comunque confermata anche al tempo della pandemia: i permessi a termine ma che presuppongono comunque una lunga permanenza (familiari e lavoro) restano quantitativamente molto alti seppur in calo anch’essi rispetto al 2019.

Nell’anno scolastico 2019/2020, infine, gli studenti stranieri in Toscana raggiungono quota 73mila in crescita dell’1.8% rispetto all’anno precedente. Essi rappresentano il 14.5% di tutti gli studenti (oltre 4 punti in più del dato nazionale). Il 68.5% di questi è nato in Italia (tema ius sanguinis che oggi vige in Italia, ius soli e ius culturae).

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